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visare i Suonatori, e poi và ad invitare i Gentiluomini, e Signore della comarca vicina, perchè vengano a popolare la solitudine del nostro ballo.

March. Che dì tu Contino mio di quegl'occhi?

Cont. E tu caro Marchese che ne dici?

March. Io dico che la nostra libertà durerà a fatica ad uscire di quì con le brache nette. Già sento scosse terribili, ed il mio cuore è attaccato ad un filo debolissimo.

Mon. (a parte a Catina). Osservæ che naturalezza de dî? o manezza e parolle comme a pasta da fâ e michette.

Cat. Son doe brave teste! talenti desfascæ (a parte a Mom.).

March. E per farvi vedere che dico il vero, voglio farvi sopra questo argomento un'improvisata (si pone a pensare).

Cat. Ah sì, caro signor Marchesino, fatela ve ne scongiuro con tutta la devozione del mio core. Così udiremo un componimento fatto per noi.

Cont. Anche a me viene la stessa voglia; ma la mia vena poetica ha patito eccezione per la gran copia di sangue, che mi è stato cavato.

March. (pensieroso). Oh Diavolo! fo bene il primo verso, e poi resto arenato per farne degli altri. Occhi graditi qual'or vi miro.