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RIME GENOVESI
DELLA FINE DEL SECOLO XIII E DEL PRINCIPIO DEL XIV,
EDITE ED ILLUSTRATE
DA

N. LAGOMAGGIORE.



     Questo primo saggio degli studj che vo facendo sul mio dialetto ligure, comprende e tenta illustrare una serie di rime in antico genovese, della fine del secolo XIII e del principio del XIV. I componimenti di cui parlo, fonte copioso e puro dell’antica favella di Genova, sono contenuti in un codice del signor avv. A. Molfino, deputato al parlamento nazionale, cui mi è grato qui esprimere la molta mia riconoscenza per la compita gentilezza con cui mi accolse, provvedendomi di ogni comodità per trascriverli e dandomi facoltà di pubblicarli come e quando io volessi. E delle Rime e del loro incognito autore, ragionò lo Spotorno nel primo volume della sua Storia letteraria della Liguria, pubblicatosi nel 1824 (p. 280 e seg.). Nel 1840 le esaminò il prof. Bonaini, e ne estrasse, coadiuvato dall’avv. C. L. Bixio di Genova, dodici componimenti storici (dieci in volgare e due in latino), che furono inseriti nell’Archivio Storico Italiano (append., voi. IV, n. 18; del 1847). Il rimanente è inedito.

Io ora premetterò una breve descrizione del ms., e qualche cenno sul modo da me tenuto nel pubblicarlo. Darò poi il testo delle Rime; e fatte a questo seguire alcune notizie sull’autore, mi proverò ad offrire un saggio storico sulla fonetica genovese, ed altre illustrazioni.

Il ms. é «in pergamena, di carattere antico e probabilmente coetaneo all’Autore» (Spotorno, p. 281). Consta di due parti, o, per meglio dire, sono due codici in uno, come già vide il Bonaini. Il secondo e più breve codice, anch’esso in pergamena, si riconosce a prima vista dai caratteri mutati, che sono men regolari e di aspetto più moderno. Questo secondo codice non è compreso nella presente edizione. Sì l’uno che l’altro ha due cartolazioni: l’una più antica in cifre romane, l’altra in arabiche; alle quali n’è stata aggiunta una terza a matita, forse recentemente, da alcuno degli esploratori del codice, per numerare le pagine superstiti. Ma non direi col Bonaini che la seconda o nuova cartolazione sia stata apposta per fare un sol codice di due che erano (Arch. stor., 1. c.); poichè séguita anche l’antica, sebbene con l’intervallo di tredici numeri, nel 2° codice. A me pare che lo scopo della nuova cart. fosse di escludere tutte le carte perdute del 1.° e del 2.° cod., e di comprenderne altre, forse avanzo d’un 3.° codice, che l’autore della nuova cart., a quel ch’io penso, avrà alligate in principio del 1.°. Queste saranno poscia state distrutte, com’è avvenuto d’altre carte del 1.° cod. che ancora esistevano al tempo che fu fatta la nuova cart., e delle quali or ora