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N. 5. — La Passione.


Ho estratto questa Passione da un manoscritto della Biblioteca civica di Genova, che porta la segnatura 1. 2. 7 ed il titolo: Cronaca di Jacopo da Varagine. È un bel codicetto in foglio, cartaceo, legato modernamente in pergamena, scritto quasi per intero da una medesima mano e a due colonne, con iniziali rosse e turchine. I fogli sono 66, di cui 4 bianchi; il recto del primo è circondato d’un fregio, ed ivi comincia, con una grande iniziale, la Cronaca del Varagine, in latino, dalla quale il cod. s’intitola. In fine di essa, al f. 39c, l'Explicit, in rosso, ci conserva con tutta esattezza la data della trascrizione: Explicit cronicha communis Ianue, quam compilauit venerabilis pater dominus frater Iacobus de Varagine de ordine fratrum predicatorum, Januensis archiepiscopus, anno domini millesimo ducentesimo nonagesimo quinto. Scriptam manu mei Ieronimo de Bruno Ebredunensis dyocesis, anno domini millesimo CCCLIIJ, de mense februario. In carceribus Venetorum, incarceratus cum Ianuensibus, pro nimio dolore repletus. Questa data vale a un dipresso anche per la Passione, che segue subito dopo, dal f. 40a al f. 47b, scritta dal medesimo e adorna ancor essa, nel recto del primo foglio, d’un fregio e d’una grande iniziale.

Terminano il codice la leggenda di Tundalo in latino, f. 48a-55c; l'‘Epistola beati Bernardi’ al cavalier Raimondo di castello Ambrogio f. 56-57r già pubblicata dal prof. Vincenzo Crescini, Giorn. ligust., X 351 sgg.; infine alcuni frammenti di non molta importanza.

Per la trascrizione, nulla ho da aggiungere, tranne che ho sempre reso con m la nasal finale delle abbreviazioni, eccetto in e non. Interrompo la stampa verso la fine del f. 43c.


[f. 40a] Pensando in mi mestesso che he som ordenao e misso in lo campo de Criste, quamuisdee indegno, couienme houerar e lauorar lauor chi sea acceptao dauanti da Dhee. E vegando in questo campo e in questo mondo monte pyamte non far fructo per deffecto de humor e de aygue, he si me som metuho a prender de quella celestial fontanna viua della scriptura saynta, segundo la mea possibilitae, e menarla[1] per conduyto a quelle iaue chi som lonzi da quelle aygue, a zo che quando sera vegnuho lo tempo delle messoym, non me diga lo Segnor de questo campo che lo so fruyto sea perio per pigreza in le mee maym e me togla la bayria de questo lauor e me zicthe[2] for de la soa terra, e a desonor me conuegna mendigar. Lo fruyto lo qual requere Criste delle sohe piamte che ello a pyamtao, zoe delle nostre anime che ello a creae, e si e amor e caritae a Dhe e allo proximo. E questo testimonia lo sauio Salamom, chi parla a noy in persona de Criste e disse: Filij, da michi cor tuum. Conuen doncha a queste piante adur aygua che le faza[3] acender in l’amor de Dhee e render fructo de caritae. Trey cosse me parem inter le aotre che specialmenti ne aduem[4] in l’amor de Dhee. La primera si e apensar lo bem che ello n’a fayto, la se-

  1. mernada.
  2. zicche.
  3. la faza.
  4. Non si legge con sicurezza se non ad.