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AVVERTENZE PER I MAESTRI


Il maestro tenga sempre presente che questi m anualetti devono servire non ad insegnare il dialetto, che gli scolari conoscono già perfettamente, ma ad insegnare la lingua per mezzo di esso.

Buon avviamento all’uso dei manualetti sarà per l’insegnante il libro di C. Trabalza, Dal dialetto alla lingua, Torino, Paravia.

I testi compresi in questo volumetto sono del dialetto della città di Genova e possono facilmente adattarsi anche alle scuole di quella zona della Liguria, sulle quali è più forte l’influsso del dialetto del capo­luogo.

La grafia adottata è quella tradizionale. La conoscenza che maestri e scolari hanno del loro dialetto, sarà sufficiente a far sì che pronuncino rettamente anche suoni dialettali, che questa grafia non è in grado di indicare o distinguere precisamente[1]. Nella lettura delle traduzioni si tenga ben presente che le vocali e, o, si devono pronunciare larghe quando hanno l’accento grave, e strette quando hanno l’accento acuto.

Sono stampate in corsivo le parole e frasi su cui si richiama l’attenzione del maestro per la diversità che presentano quando si confrontino colla corrispondente dizione italiana, sia che tale diversità venga rilevata nella nota apposta alla parola o frase scritta in corsivo, sia che la abbia già rilevata una nota precedente o la rilevi la traduzione.

Il nome posto appiè d’un brano è quello dell’autore o raccoglitore. L’asterisco indica che il testo ha avuto qualche modificazione.

  1. Nei dittonghi ascendenti o discendenti si segnò, nei casi in cui parve opportuno, la vocale su cui posa l'accento (ôu, èi, ìu, uì). Furono conservati i dittonghi tradizionali con valore puramente grafico (éù, aè), ma furono muniti di accento per distinguerli da incontri vocalici analoghi che non rappresen­tano un suono unico.